Condanna in primo grado per disastro ambientale ed omicidio colposo a complessivi 189 anni di carcere per 27 imputati, in relazione al decesso di una ventina di operai ammalati di cancro per l’esposizione all’amianto dentro lo stabilimento siderurgico tarantino ILVA.
Questa è la dimostrazione, l’ennesima che questa fabbrica è incompatibile con ogni forma di vita. Operai, cittadini, habitat circostante, risorse del territorio stanno continuando a pagare a caro prezzo la scelta imposta di questo modello di sviluppo disumano. La notizia della condanna, ci giunge contestualmente a diverse segnalazioni dei lavoratori ILVA che denunciano la presenza dell’amianto, micidiale sostanza killer, ancora presente in diversi reparti. Ribadiamo che è giunta l’ora di pianificare alternative economiche per la città di Taranto, da sviluppare con la partecipazione popolare, così come abbiamo già proposto ripetutamente tramite i numerosi emendamenti presentati durante i 3 decreti approvati sull’Ilva in questa legislatura. Emendamenti sempre rifiutati dal Governo delle larghe intese che si è dimostrato impassibile di fronte al genocidio in atto a Taranto. Contestualmente è arrivato il momento di pianificare soluzioni e vere forme di tutela per i lavoratori dell’ILVA, prime vittime dell’inquinamento e del profitto, a cominciare dal reddito minimo garantito di cui devono beneficiare insieme al resto della popolazione in attesa di una riconversione economica e culturale della bellissima città dei due mari.