Intervista al periodico VivilaSanità
- Il Governo Renzi ha annunciato tagli per 20 miliardi che riguarderanno anche la sanità con rischi sulla sostenibilità dei LEA. Quali proposte farà in Commissione e Parlamento per frenare la corsa a tagli indiscriminati, che si rifletteranno negativamente sulla salute degli italiani?
Renzi ha annunciato, come al solito, in maniera del tutto generica le sue intenzioni. Affermare, come ha fatto il premier, di voler tagliare il 3% in Sanità senza specificare se si tratta dei 41 milioni di euro annui di spesa gestionale del Ministero della salute, oppure del 3% dell’intero comparto salute (ovvero 1,1 miliardi all’anno) non è proprio la stessa cosa. Nel secondo, e più probabile, caso si andrebbero ad intaccare i LEA (livelli essenziali di assistenza) con una contrazione dell’assistenza assolutamente da combattere. Il Ministro Lorenzin sembra aver compreso cosa tagliare, invece: ovvero le spese del suo ministero. I Presidenti di regione, dal canto loro, sono in subbuglio: questa confusione non giova certo ad una serena programmazione che dovrebbe essere alla base di una sana progettazione sanitaria. Il Patto per la salute, appena sottoscritto, è già disatteso. Appena arriverà un testo ufficiale, con i colleghi della Commissione Affari Sociali della Camera, provvederemo alla stesura degli emendamenti per cercare di migliorare il testo. Maggioranza permettendo…
- Il D.L. 66/2014 convertito con modificazioni dalla Legge 89/2014, ha imposto la centralizzazione degli acquisti a tutte le regioni, compresa la Puglia. Non ritiene che una selvaggia centralizzazione potrebbe consegnare la sanità ad un gruppo di oligarchia finanziaria, a sfavore invece delle piccole e medie imprese, che invece, rappresentano il mondo produttivo più dinamico del sistema economico italiano?
La centralizzazione regionale, sotto il controllo di Consip, dovrebbe portare in teoria a far sì che non ci sia differenza tra le varie regioni nei cosiddetti costi-standard. Il pericolo sta tutto nel dumping, con il rischio che le grandi aziende fornitrici riescano a vendere a prezzi stracciati apparecchiature e presidi sanitari di bassa qualità, recuperati chissà come da Paesi produttori a basso costo, a discapito dei cittadini. Ciò, naturalmente, danneggerebbe le piccole e medie imprese italiane che si sono sempre caratterizzate per l’alta qualità dei prodotti. L’atavico problema italiano rimane quello della trasparenza e delle nomine: se questi organi vengono messi in mano agli amici degli amici, i quali hanno carta bianca per fare i loro affari, è ovvio che il sistema va in sofferenza economica a favore di pochi. Se, invece, si vuole risolvere il problema degli sprechi e della corruzione in Sanità (il costo della corruzione sanitaria viene stimata in 6 miliardi di euro l’anno) va attivato un efficace sistema di controlli da parte di ANAC soprattutto. In ogni caso la politica deve farsi del tutto da parte. Peraltro, già oggi la sanità sembra essere in mano ad una serie di oligarchie finanziarie: invece di privilegiare imprese che producono sul suolo italiano vengono acquistate sostanze e prodotti provenienti dall’estero (Cina, Romania, Germania, Sud America) perché in Italia non si producono più. Perché non le produciamo noi? Non sarebbe meno costoso che andarle a prendere dall’estero?
- Nonostante la direttiva europea è in vigore da qualche anno, i tempi di pagamento risultano essere ancora una problematica non risolta. In Puglia il D.S.O. è di 210 giorni. Secondo lei come potrá essere risolta questa problematica riducendo i tempi di pagamento a 30-60 giorni?
È di questi giorni la polemica se lo Stato abbia cominciato a pagare i suoi debiti e, soprattutto, in che misura. A noi risulta una percentuale abbastanza bassa (peraltro, nonostante quello che dice Renzi, di cifre precise non ce ne sono). Ovviamente, sono proprio le piccole e medie imprese quelle che soffrono di più questo stato di cose. Quante sono fallite in attesa che lo Stato saldasse i conti? Con conseguente business da parte delle banche che hanno lucrato per anni sui debiti accumulati in attesa che lo Stato pagasse i suoi debiti.
- Che giudizio esprime sulla sanità pugliese?
La sanità in Puglia sembra barcamenarsi in qualche modo ma il divario tra pubblico e privato appare essere sempre maggiore. Nel pubblico le condizioni sono spesso complicate sia per la qualità del lavoro (turni disumani, soprattutto per il personale infermieristico) sia, e forse principalmente, per la scarsezza degli strumenti a disposizione. L’arte di arrangiarsi, tipicamente meridionale, fa sì che i dipendenti del settore sanitario pubblico siano in grado di garantire ai pazienti il massimo servizio con la minima dotazione ma diventa dura quando non è possibile utilizzare qualcosa che servirebbe a quel paziente, semplicemente perché non ne puoi disporre. A salvare dal baratro più totale la sanità pubblica pugliese sono proprio coloro che si impegnano all’ennesima potenza, sopperendo anche alle carenze di chi in questo sistema ci sguazza, per mantenere uno standard accettabile. È tutto da capire, però, quanto questa precaria situazione potrà durare.
- Perché in sanità non si effettuano ingenti investimenti in tecnologia e invece si governa a stento l’emergenza?
A causa degli innumerevoli sprechi del passato, dove è mancato totalmente il controllo, ci ritroviamo ad essere in affanno persino nel far fronte alle emergenze. C’è chi ha intascato fin troppo, oggi ci sono rimaste le briciole e con quelle il sistema sanitario è costretto ad andare avanti. Tra baronismi e posti ottenuti grazie a conoscenze politiche, speso in ruoli amministrativi chiave senza peraltro alcuna competenza, i risultati sono questi.
- Lei si farebbe curare in un ospedale della Puglia?
Il semplice fatto che venga posta questa domanda dovrebbe far riflettere. Credo sia giusto avere fiducia, però, nell’operato di chi lavora per il servizio sanitario perché medici, infermieri e tutti coloro che collaborano per questo fondamentale aspetto della vita comunitaria sono il servizio sanitario. Si tratta di gente che spesso sacrifica molto pur di poter garantire al meglio il diritto alla salute del cittadino. Ma se l’attuale situazione tra turni, stipendi e strumenti non inizia a migliorare, la sanità pubblica pugliese invece di rimanere stazionaria, sarà destinata a peggiorare, prospettando un avvenire davvero drammatico. Comunque, in definitiva, la mia risposta è sì: in alcuni selezionati reparti, mi farei curare senza problemi.

Vivi La Sanità – Settembre 2014

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