Sfruttamento del lavoro, persino minorile, distruzione delle foreste di mangrovie e inquinamento ambientale. Sarebbe questa la storia che portano con sé, ogni qual volta arrivano sulle tavole italiane, i gamberetti provenienti dai Paesi tropicali. I maggiori allevamenti di questi crostacei si trovano, infatti, in Cina, Thailandia, Indonesia, India, Vietnam, Brasile, Ecuador e Bangladesh e rappresentano il 20% in valore dell’intero mercato ittico internazionale. E l’Italia è addirittura il terzo Paese europeo per consumo di gamberetti di origine tropicale, con circa 64 mila tonnellate annue. Allevamenti, soprattutto quelli thailandesi, oramai tristemente famosi per il vergognoso sfruttamento dei lavoratori: per lo più immigrati, provenienti dalla Birmania o dalla Cambogia, trattati come schiavi e costretti a lavorare per anche 20 ore al giorno per produrre le circa 500mila tonnellate di gamberetti del mercato thailandese, obbligati a lavorare in capannoni sporchi e malsani, esposti a sostanze chimiche e spesso senza cure mediche in caso di necessità. Secondo i dati diffusi dal Labour Rights Promotion Network (LPN), gran parte di questi lavoratori sarebbe minorenne: il 19% ha meno di 15 anni ed il 22% ha un’età compresa tra i 15 e i 17 anni.
Uno sfruttamento del lavoro ignobile e già denunciato da altri Stati europei e da alcune grandi catene di distribuzione come Carrefour. Ma gli allevamenti di gamberetti tropicali, come denuncia la stessa inchiesta condotta dalla rivista Altroconsumo, costituiscono la principale causa di distruzione delle foreste di mangrovie lungo le coste di quei paesi. Si calcola che sia stato annientato il 38% a livello mondiale della superficie di queste foreste in grado di rappresentare anche un argine naturale contro uragani e maremoti, per non parlare della loro ricchezza vegetale e animale.
La costruzione degli impianti per l’acquacoltura di questi crostacei, inoltre, ha comportato un aumento dell’inquinamento dovuto al deposito sui fondali delle enormi quantità di rifiuti organici: escrementi, scarti di lavorazione, mangimi non consumati che rilasciano massicce quantità di sostante chimiche, tra cui gli antibiotici utilizzati per prevenire le infezioni dei gamberetti, costretti in vasche anguste rispetto alla loro quantità. Al Ministero degli Esteri è richiesto, con una interrogazione parlamentare a mia prima firma, se non ritenga inopportuno che il mercato italiano continui ad incentivare l’importazione di gamberetti tropicali, considerando le condizioni sia di sfruttamento dei lavoratori sia ambientali, nelle quali vengono prodotti e se intenda mettere in atto azioni volte a disincentivare il consumo di questi crostacei nel nostro Paese.