Dopo un anno di pandemia, dove l’agricoltura ha fatto il suo dovere nell’approvvigionare tutto il Paese di alimenti di qualità, dobbiamo anche riconoscere che non sono mancati i fondi richiesti per il rilancio del settore e per le perdite che si sono avute in alcuni suoi comparti. Detto questo, non sono i fondi la prima preoccupazione. Una sfida ha degli obiettivi e necessita di idonei strumenti ma, soprattutto, ha bisogno di una visione.
Da studente universitario, poco più di un decennio addietro, quando andavo in un normale supermercato di quartiere trovavo due marchi di pasta, distinti in formati classici e speciali. Adesso trovo diversi marchi e linee di lavorazione: trafilata, bio, a lenta essiccazione, integrale, integrale bio, da filiera di grano italiano, a lenta lavorazione, integrale con avena, integrale di farro, e così via. In pratica, lo scaffale della pasta si rispecchia in quello del vino che costituisce un degno esempio con il suo primato a livello mondiale. Avete fatto caso che la pasta di qualità, come il vino, è un appello dei territori che man mano si riscoprono produttori?
La mia visione prevede anzitutto la creazione di filiere efficienti ed il rafforzamento della loro parte agricola che vuol dire anche rafforzamento dell’agro-industria italiana a condizione che la materia prima sia protagonista del “sounding” e racconti il suo territorio e il sogno di tanti giovani che potrebbero emigrare ma si mettono in gioco nelle nostre campagne. Per questo, nell’ultima Legge di Bilancio, su un totale di 1 miliardo di euro di fondi per l’agricoltura, abbiamo inserito risorse per il rafforzamento delle filiere per circa 200 milioni che si aggiungono a tutti quelli già stanziati nel comparto filiere e distretti. Una filiera forte di parte agricola vuol dire certezza per chi produce e qualità per industria e consumatori.
Dalla crisi finanziaria del 2008, l’agricoltura e l’agro-alimentare hanno nel complesso fatto registrare un contributo al PIL nazionale sempre maggiore rispetto agli altri settori. Ora bisogna fare un salto di qualità, unire stabilmente sviluppo culturale del territorio, prodotti tipici, tradizione enogastronomica e capacità imprenditoriali. Gli investimenti strutturali previsti nel Recovery fund rafforzeranno questa “unione” rendendola efficiente e redditizia per tutti i soggetti. Inoltre, dovranno espandere le attività connesse all’agricoltura come quella di produzione energetica che deve essere intesa anche quale miglioramento dei sistemi agricoli in una logica comprensoriale. Si pensi ai benefici che si ottengono diminuendo la pressione ambientale degli allevamenti intensivi attraverso il passaggio al biologico e sottoponendo i liquami zootecnici a digestione anaerobica per produrre biometano, assicurando lo spandimento sui terreni agricoli di un ammendante stabile che non contribuisce all’inquinamento ma anzi migliora la fertilità dei terreni anche per le coltivazioni biologiche. Se operiamo con attenzione, si chiude con soddisfazione il cerchio di una produzione agricola amica del territorio e dell’ambiente.
Gli strumenti con cui operare questa trasformazione sono gli arnesi che forgiamo e affiliamo di volta in volta. L’agricoltura italiana è orgogliosa di non chiedere sussidi o vantaggi competitivi. Si tratta, invece, di rivendicare strumenti idonei alla crescita come le garanzie sul credito. Abbiamo portato le garanzie sul credito da 40 milioni a 2,7 miliardi aprendo per la prima volta la garanzia diretta del Fondo per le Piccole e Medie Imprese di Mediocredito Centrale alle imprese agricole. Certo l’Unione europea ci ha dato una mano in tema di Covid-19, ma gli aiuti alla impresa agricola sono 1/8 di quelli degli altri settori. La misura degli aiuti sta passando, per tutta Europa, da 100 a 225mila (gli altri settori da 800mila a 1,8 milioni). È superfluo affermare che è nostro dovere sfruttare al meglio sia questi importi sia la proroga degli aiuti al 31 dicembre affinché il rilancio sia effettivo, solido e duraturo, e si incastoni perfettamente con gli investimenti strutturali del Recovery.
Per tutto questo processo, ritengo che la parte principale tra gli strumenti possa essere svolta dal credito. Stiamo operando per un dialogo effettivo tra banca e impresa e i primi risultati ci danno ragione. Senza contributi pubblici siamo riusciti a confezionare una nuova forma tecnica di finanziamento per i prodotti a denominazione di origine, in primis vini Dop e Igt, denominata “pegno rotativo” che contempla esigenze delle cantine e delle banche, il cui prodotto è un finanziamento a condizioni vantaggiose e in grado di dare la tranquillità all’impresa, per dedicarsi all’affinamento e valorizzazione del prodotto. Adesso, vogliamo migliorare la collaborazione con le banche su due fronti: modello di valutazione e pre-contenzioso. Nonostante l’intenzione di molti istituti di aumentare gli impieghi agricoli, con i miei collaboratori ci siamo accorti che solo le banche che hanno recentemente migliorato lo specifico modello di valutazione per le imprese agricole sono in grado di tradurre le loro politiche in aumenti effettivi delle erogazioni. Allo stesso modo, la specificità della produzione agricola deve essere considerata nelle prime manifestazioni della crisi d’impresa dove, siamo certi, in molti casi un pronto dialogo tra le parti, coadiuvate dalla Pubblica amministrazione, può assicurare la continuità produttiva dell’impresa.
Le sfide davanti, dunque, sono tante. L’auspicio è di continuare ad affrontarle presto con determinazione ed entusiasmo.
Editoriale per la Rivista per la Consulenza in Agricoltura.