Il decreto Cura Italia ha consentito alle imprese agricole di accedere alle garanzie su credito erogate dal fondo centrale di garanzia per le pmi. Come è andata?
Per la verità, per i confidi agricoli era già possibile, ma sono soggetti ormai sparuti. La modifica prevista dal decreto Cura Italia è stata frutto di una mia iniziativa ed è diventata operativa il 20 luglio scorso. Bene, tra il 20 luglio e il 4 gennaio 2021 sono state messe a segno diecimila operazioni di finanziamento alle imprese agricole per complessivi 1,6 mld di euro erogati. Un dato che dimostra la fame di credito che c’è da parte delle imprese agricole. All’interno di questo importo vi sono operazioni garantite al 100% di importo sino a 30.000 euro destinate alla pronta liquidità in favore delle imprese. Questo strumento nel caso del Fondo di Garanzia ha interessato 5.300 imprese. Ma il Cura Italia ha attivato un altro grande canale di finanziamento di ben 1,5 miliardi complessivi ad appannaggio di 4.850 imprese per operazioni in prevalenza destinate ad investimenti. Con una media ad operazione di 310.000 euro costituiscono la vera ossatura del sostegno all’agricoltura che vuole crescere e innovarsi.
A questo va sommato anche il tradizionale Ismea.
Da Ismea sono stati erogate garanzie per finanziamenti complessivi erogati pari a 980 mln. Queste operazioni coinvolgono circa 37mila imprese. Ma qui, rispetto all’azione del fondo pmi, le percentuali si invertono: dei 980 mln di prestiti erogati, circa 700 mln sono andati per la liquidità immediata fino a 30mila euro con garanzia di stato coperta al100%; i restanti 280 mln sono andati per operazioni in prevalenza destinate ad investimenti.
Morale?
Le imprese hanno preferito rivolgersi a Ismea per incassare la liquidità immediata e al fondo di garanzia pmi per farsi finanziare gli investimenti più importanti dal punto di vista finanziario. In sostanza, con la pandemia le imprese agricole hanno beneficiato di un doppio canale per il credito; ciascuno a vocazione differente. Il fondo pmi ha una potenza di fuoco molto ampia e questo ha consentito di far partire operazione massive. Il totale del credito mobilitato ad oggi è pari a oltre 2,6 miliardi di euro.
Vuole farmi dire che avete aperto le porte del credito agli agricoltori?
Lo rivendico. A questo aggiunga il pegno rotativo, che è stato esteso ai prodotti Dop e Igp. Grazie al registro telematico, oggi l’Icqrf tramite il Sian conosce quantità e localizzazione di ogni litro di olio e di vino presenti nel paese. Non solo. Le banche oggi possono accedere direttamente al Sian e visionare i registri on line dell’azienda che richiede il pegno. Di conseguenza, l’impresa può mettere facilmente a pegno il suo prodotto e ottenere credito. Grazie a questo strumento, l’azienda agricola può fare maturare il suo prodotto; non ne perde il possesso perché olio e vino restano nel suo magazzino; non vede i sigilli della banca sulla sua cantina perché l’istituto creditizio monitora le sue produzioni via web. L’imprenditore riceve così il finanziamento e il prodotto esce dalla cantina mentre il pegno che era su di esso ruota sulla nuova produzione.
Quando è stato erogato finora con questo strumento?
Il pegno rotativo è partito realmente da un paio di settimane. Dagli annunci raggiungeremo a breve i cento mln di euro di erogazione.
Come valuta la performance della cambiale agraria? I paletti imposti dalla Ue hanno sollevato lamentele da soggetti importanti. Una segnalazione in Centrale rischi causa Covid ne bloccava l’erogazione a lungo.
Lo strumento è servito nel momento di picco della pandemia. Sono stati erogati 80 mln di euro. Ma credo che il settore agricolo abbia bisogno di uno strumento più moderno e flessibile per l’accesso al credito, in grado di rendere disponibili masse di impieghi bancari molto elevate. Per questo puntiamo molto sul Fondo di Garanzia PMI e sulla nuova attivazione dei regolamenti in esenzione.
Lo spieghi meglio.
Stiamo lavorando per eliminare gli ostacoli tra banche e imprese agricole e della pesca. L’interlocuzione con l’ABI è continua, abbiamo avviato una nuova stagione di confronto. Le banche vogliono erogare credito agli agricoltori e noi vogliamo cancellare gli ostacoli che impediscono di farlo; per questo stiamo lavorando sul modello di valutazione. Non avendo un bilancio analitico, le imprese agricole scontano difficoltà. Ma ci sono alcuni istituti di credito, che hanno elaborato modelli di rating ad hoc, capaci di misurare il merito creditizio delle attività agricole. Perché il concetto è semplice: se non hai un rating non puoi ricevere credito. Noi puntiamo ad estendere questi modelli di valutazione a tutto il comparto bancario.
Il nodo di fondo?
Solo chi accede al credito può fare investimenti e il comparto ha bisogno di mutui di lunga durata. Oggi le garanzie arrivano a coprire un massimo di sei anni. Troppo poco per il settore.
C’è stato un aumento del massimale del plafond di garanzie proposto dalla commissione europea agli stati Ue. Cosa significa per le imprese agricole?
E’ molto positivo che la commissione Ue abbia portato da 100mila a 200mila euro il massimale sugli aiuti de minimis per le imprese agricole in emergenza Covid; noi stiamo lavorando, invece, per attuare i regolamenti di esenzione per gli investimenti. Oggi il credito è frenato dalla garanzia pubblica che pesa sul massimale de minimis: tetto che, in tempi normali, arriva fino a 25mila euro e non può, dunque, facilitare il credito bancario. E’ troppo basso. Per questo vogliamo svincolare l’uso della garanzia dal de minimis per investimenti; in questo modo le aziende che vogliono investire potranno contare su un plafond di aiuti sotto forma di garanzie pari a 500.000 euro e realizzare i loro progetti con prodotti di finanziamento appositamente predisposti. Una volta resi operativi i regolamenti in esenzione avremo dato una svolta al credito in agricoltura.
A che punto siamo?
Il Ministero dello Sviluppo economico, su proposta di MedioCredito Centrale – gestore del fondo pmi – sta preparando il decreto da approvare per attuare i regolamenti in esenzione. Purtroppo la crisi di governo rallenta i lavori.
Lavorate anche su altri fronti?
Dobbiamo ridurre la burocrazia, anche al Mipaaf. Troppe misure messe in campo negli anni precedenti prevedono meccanismi assurdi, tali per cui le erogazioni sono tardive: pensi al fondo latte. I fondi sono stati erogati a tre anni di distanza dalla presentazione delle richieste.
Resta il fatto che il passaggio dalla banca verticale a vocazione agricola alle banche generaliste ha creato problemi al settore.
Enormi. Ma dobbiamo riassorbire questa distanza, cancellando gli ostacoli al credito. Non avere più gli sportelli agricoli dedicati in banca ha fatto saltare il sistema perché in banca non c’erano più le professionalità necessarie a valutare le specificità dell’azienda agricola. Per questo dobbiamo fare adottare a tutti gli istituti bancari questi modelli di valutazione del rating.
Vi muovete nel solco delle direttive Ue e di Basilea Due
Assolutamente si
Ma non sente nostalgia di una grande banca nazionale dell’agricoltura?
E’ un modello che non mi convince, io credo nella concorrenza. Piu istituti bancari competono tra loro per accaparrarsi i clienti agricoli meglio è. Non amo i carrozzoni.
E’ un grillino sui generis. Di solito i Cinque Stelle hanno una vocazione più statalista, tesa alla mano pubblica. Qualcuno direbbe più Keynesiana…
(Sghignazza, ndr) Sento spesso citare Keynes a sproposito.
Perché questa sua maniacale attenzione al credito?
Perché sul settore agricolo è più impattante di qualsiasi altro strumento. Gli attuali impieghi agricoli ammontano a circa 40 miliardi di euro; se li aumentassimo del 10% avremmo 4 miliardi investiti nella crescita delle imprese più produttive, impiegando risorse pubbliche scarse o nulle. In più, l’attivazione di risorse mirate potrebbe avere un considerevole effetto leva anche sulle aziende che hanno potenziale, come quelle condotte da giovani o da imprenditori che vogliono investire nell’innovazione.
Cambiamo quadro: che ne pensa di cisgenesi e mutagenesi?
Sono assolutamente a favore e credo che questa nuova tecnologia ci consenta di dar forza al settore agricolo in termini di sostenibilità ambientale e produttività. Il nostro paese non può perdere questo treno: l’Italia deve diventare hub europeo delle nuove biotecnologie. Il Crea ha campi sperimentali in tutta Italia che potrebbe utilizzare a questo scopo. Ricerca e innovazione sono alla base della crescita economica per qualunque settore.
Vale anche per il 4.0?
Assolutamente. Col ministro Patuanelli abbiamo voluto allargare le agevolazioni di Industria 4.0 all’agricoltura. Abbiamo esteso il credito d’imposta del 40% all’acquisto di macchinari innovativi.
E’ sicuro di militare nello stesso partito che ha eletto Lello Ciampolillo, il parlamentare che vuole curare le piante affette da Xylella col sapone?
(ride della grossa) E’ un ex collega che aveva chiesto le mie dimissioni. Ma guardi, ci sono pubblicazioni scientifiche sulla diagnosi precoce della Xylella sulle più prestigiose riviste internazionali, come Remote Sensing. Grazie alle tecnologie attuali siamo nelle condizioni di individuare le piante infette molto prima che siano visibili i sintomi fisicamente da remoto. Una volta trovate, le piante potrebbero essere abbattute per fermare così il contagio. Ma la regione Puglia non vuole implementare questo test. Chissà perché. Ma questo non lo scriva, sennò dicono che ce l’ho con Emiliano.
Perché in Puglia non hanno messo subito in quarantena e tagliato subito le piante? Si sapeva ab initio che non c’è cura? C’è chi allude a presunte creste sui rimborsi …
Andreotti diceva che a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina
Va bene. Come finisce la crisi di governo? Stessa maggioranza, stesso premier?
Sono ottimista. Le forze politiche che hanno sostenuto il governo hanno manifestato la volontà di avere un europeista. Potremmo avere una maggioranza allargata con Conte ter. La mossa di Renzi ha creato mal di pancia nel suo partito; i suoi deputati sono chiamati a una scelta di campo.
Un governo Cartabia?
Oggi non è al vaglio.
Ha lavorato bene con Teresa Bellanova?
Ci siamo trovati in una situazione assurda: il governo si è insediato a settembre 2019, ha fatto in fretta e furia la legge di bilancio. Poi, a febbraio è arrivata la pandemia. Abbiamo lavorato per contenere l’emergenza, portato un bel po’ di risorse al settore. Ora dobbiamo distribuire ristori a chi ha subito i danni e porre le condizioni per la ripresa.
Ma sul Recovery plan siete in ritardo. E l’agricoltura non sembra in prima fila
La crisi ha ritardato i lavori. E l’agroalimentare ha pagato dazio per il fatto che il ministro delle politiche agricole fosse il capo della delegazione che ha generato la crisi; il ministero aveva chiesto sei mld di euro per una serie di progetti, ma nel documento uscito dalla presidenza del consiglio al primario erano rimasti 1,8 mld. Poi, i fondi sono stati incrementati di altri 700 mln. Ora serve un ulteriore sforzo
Sta dicendo che il ministero dell’economia ha tagliato i fondi al primario perché Italia Viva era salita sulle barricate?
Credo che qualche conseguenza legata al doppio ruolo della ministra ci sia stata. Non c’è da stupirsi. La stessa cosa sarebbe accaduta se il capo della delegazione che apriva la crisi fosse stato di un altro partito. Sono dinamiche tipiche in politica
Intervista a Italia Oggi