Dopo i provvedimenti presi dal ministro Maurizio Martina nel Dl Enti locali, dietro sollecito parlamentare, per contrastare l’emergenza del comparto cerealicolo tentando di porre fine alla cosiddetta “guerra del grano”, prosegue il lavoro di Montecitorio sulle risoluzioni Mongiello (PD) e L’Abbate (M5S) a cui si sono aggiunte quelle della Faenzi (Ala) e Zaccagnini (Sel). In Commissione Agricoltura alla Camera si è svolta, infatti, l’audizione di Pasquale De Vita, vicedirettore e ricercatore del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura.
Tra i vari strumenti per pianificare il futuro del grano italiano ed uscire dalla crisi, il Crea ha fatto riferimento proprio al Piano proteico nazionale basato sull’uso delle leguminose, contenuto nella nostra risoluzione attualmente in discussione. Visto che anche la ricerca scientifica certifica la ricetta 5 Stelle per risolvere la cosiddetta “guerra del grano”, il Governo e le altre forze politiche la approvino e si battano per la sua applicazione. Il piano proteico si basa sulla rotazione delle colture di grano e leguminose: quest’ultime sono adatte a fissare l’azoto nel terreno, sostanza utile a garantire la quantità e qualità di proteina nel grano sufficiente ad ottenere una pasta al dente. Oltre a preparare il terreno per le colture del grano le leguminose possono poi essere utilizzate come mangimi, che oggi vede l’Italia dipendere quasi interamente da quelli a base di Ogm importati dall’estero. Un elemento fondamentale è l’incentivo della ricerca per selezionare le varietà di grano con una certa qualità, e non solo quantità, di glutine. Tra gli altri punti di contatto con quanto esposto dal Crea, anche la necessità di garantire una tracciabilità delle sementi; uno stoccaggio per le diverse qualità del grano, in modo che chi produce rispettando degli standard qualitativi sia premiato e non veda il proprio grano finire nel mucchio insieme a quello deteriorato.
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