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Interrogazione parlamentare M5S per chiedere un intervento del Governo sulla preoccupante situazione del Gruppo Mercatone Uno che coinvolge 3.700 lavoratori
Interrogazione parlamentare M5S per chiedere un intervento del Governo sulla preoccupante situazione del Gruppo Mercatone Uno che coinvolge 3.700 lavoratori

Crisi Mercatone Uno: 7 centri coinvolti in Puglia

Lo spettro dell’imperante crisi aleggia anche sui sette centri, distribuiti da Bari a Lecce, del gruppo emiliano Mercatone Uno. La catena bolognese delle famiglie Cenni e Valentini, composta da 79 punti vendita in tutta Italia, guidata dal dottor Bernasconi, ha presentato al Tribunale di Bologna domanda prenotativa di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Nel luglio 2014, l’azienda emiliana ha sottoscritto un accordo con un pool di banche nazionali e locali che riscadenza il debito finanziario di 250 milioni. L’operazione non prevedeva il rimborso del debito 2014-2015 e consentiva, a detta dell’amministratore delegato, di completare il piano industriale che contemplava il restyling di una ventina di punti vendita l’anno, a fronte di una decina già chiusi nel 2013. Già nel 2012, però, sebbene il gruppo fatturasse 220 milioni di euro con 90 punti vendita ed un giro d’affari di 800 milioni di euro, aveva posto in cassa integrazione più di 200 dipendenti, oltre alla lettera di disdetta unilaterale del contratto integrativo aziendale e la trasformazione del premio di produttività (pari a 2.000 euro l’anno) da fisso a variabile. I centri in Puglia sono a Bari, presso il Centro Barimax e a Terlizzi, a Francavilla Fontana e Brindisi, nonché in tre comuni salentini: Matino, Surano e S. Cesario.

 

 

Esprimiamo grande preoccupazione per le sorti e il futuro dei circa 3.700 addetti coinvolti. Per questo, abbiamo presentato una interrogazione parlamentare per chiedere al Ministero dello Sviluppo Economico e al dicastero del Lavoro quali urgenti iniziative intendano attivare per valutare tutte le soluzioni percorribili per contribuire alla salvaguardia dei livelli occupazionali, con il coinvolgimento degli enti locali e delle regioni in cui l’azienda è presente. Chiediamo, inoltre, se siano a conoscenza di un piano industriale del gruppo e delle aziende satelliti e quali iniziative il Governo intenda attivare al fine di tutelare la clientela che, nei mesi precedenti, ha provveduto a versare anticipi o a saldare l’intera quota, anche con finanziamenti, senza ricevere la merce acquistata.

Come comunicato dalla FISASCAT, il 5 febbraio scorso si sarebbe tenuto un incontro in cui sarebbero state elencate le motivazioni che avrebbero portato l’azienda a chiedere l’istanza di concordato in bianco, che al momento coinvolgerebbe una parte delle società del gruppo. Intanto, sarebbero in corso trattative con potenziali investitori interessati al brand del settore dell’arredamento, con i quali si sta discutendo il nuovo piano industriale elaborato da AlixPartners. È stato pubblicato su “Il Sole 24 Ore” anche un bando per la ricerca di investitori nella speranza di raccogliere manifestazioni di interesse. Sarebbe in atto, quindi, una verifica sul numero di punti vendita (circa la metà dell’intero gruppo) da inserire in un unico progetto di investimento sulla base del fatturato, mentre per i restanti si è alla ricerca di singoli investitoti che vogliano acquisirli. Sarà il Tribunale di Bologna, infine, a valutare le singole offerte sulla base della sostenibilità del concordato preventivo. Ma per i sindacati di categoria, il gruppo avrebbe dichiarato di non essere più in grado di sostenere l’anticipo degli ammortizzatori sociali (Cds, Cigs, CIGD) e che vi sarebbe l’intenzione di chiedere l’autorizzazione per il pagamento diretto dell’Inps, prima al Tribunale e successivamente al Ministero del Lavoro. Le parti sociali hanno, inoltre, richiesto all’azienda di sollecitare tempestivamente presso il Tribunale l’autorizzazione al pagamento dell’intera mensilità di gennaio. L’incontro del 17 febbraio scorso, però, ha visto emergere ulteriori problematiche che dovranno trovare una soluzione condivisa, come ad esempio il mancato rispetto dell’accordo sulle ricollocazioni che, sebbene quest’ultimo sia stato sottoscritto alcuni mesi fa, vede ad oggi i lavoratori interessati ancora in missione, mentre ad alcuni è stata revocata la missione e sono stati posti in Cigs.

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