Domani, giovedì 21 settembre, il Ceta entrerà provvisoriamente in vigore senza attendere la definitiva approvazione dei Parlamenti nazionali dei 28 Stati membri. Il trattato commerciale tra Ue e Canada, quindi, porrà le basi per gli scambi futuri tra le due sponde dell’Atlantico. L’accordo, però, vede notevoli divergenze di vedute nello scenario politico e associativo e ha creato una vera e propria spaccatura nel mondo agricolo e agroalimentare italiano. Se da un lato alcuni grandi marchi Dop e Confagricoltura ritengono che possa rivelarsi una buona occasione per le esportazioni italiane, le manifestazioni di piazza della Coldiretti, degli agricoltori e dei piccoli produttori di agroalimentare di qualità hanno scosso l’opinione pubblica e il Palazzo sulla opportunità di firmare questo trattato internazionale.
Il Ceta rischia di divenire un pericolo soprattutto per la nostra agricoltura. Ci siamo sempre dichiarati a parole e con i fatti contrari a questi accordi transnazionali perché, per come sono redatti e stipulati, non arrecano benefici al Made in Italy. Se è vero che 41 prodotti italiani IG (indicazione geografica) hanno ottenuto protezione nel trattato commerciale, i principali prodotti canadesi che imitano formaggi italiani (Parmesan, Asiago, Fontina, Gorgonzola…) o salumi (prosciutto di Parma) potranno continuare ad essere presenti sul mercato canadese accanto al prodotto originale italiano. È facile immaginare che il consumatore canadese opterà per le marche che conosce da tempo, che risulteranno anche meno care. La denominazione (-simil, -stile, -tipo) sarà obbligatoria solo per i produttori entrati nel mercato di un determinato prodotto dopo il 2013.
Servirebbero, pertanto, studi scientifici in grado di rendere chiaro a tutti l’impatto delle disposizioni del Ceta sul comparto agricolo e sull’agroalimentare Made in Italy. Proprio per comprendere a fondo con quali “strumenti di difesa” il ministro Maurizio Martina intendesse procedere nel caso in cui le tanto sbandierate promesse di crescita e i reciproci benefici si rivelassero disastrosi abbiamo presentato una interrogazione parlamentare. Al primo posto tra gli elementi più rischiosi del trattato Ue-Canada, infatti, vi è proprio la grande quantità di certificazioni Dop e Igp italiane.

Il Mattino di Foggia – 21.09.2017
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