Giunge finalmente la tanto attesa circolare con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze ribadisce ufficialmente l’errore commesso da molti Comuni italiani nel calcolo della quota variabile della Tari, la tassa rifiuti, come emerso dopo la risposta dello scorso 18 ottobre alla mia interrogazione parlamentare. Partendo dal caso del mio Comune di residenza, Polignano a Mare (BA) guidato dal Presidente Anci Puglia Domenico Vitto (PD), ho sollevato il caso a livello nazionale, dove viene stimato un 10% di paesi incappati nell’errore. “Con riferimento alle pertinenze dell’abitazione, appare corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica” si legge nella circolare ministeriale a firma del Direttore Generale delle Finanze Fabrizia Lapecorella. Pertanto “laddove il contribuente riscontri un errato computo della parte variabile effettuato dal comune o dal soggetto gestore del servizio rifiuti, lo stesso può richiedere il rimborso del relativo importo, solo relativamente alle annualità a partire dal 2014, anno in cui la Tari è stata istituita”.
Ci è voluto un mese per ribadire quanto già noto dopo la risposta del sottosegretario Baretta fornita in Commissione Finanze alla Camera alla mia interrogazione parlamentare ma quantomeno ora quei Comuni che ancora si ostinano a negare l’evidenza dovranno attenersi alle disposizioni ministeriali. Molti aspetti e casi particolari, però, non sono stati chiariti e porteremo all’attenzione del Governo le numerose istanze e le richieste che ci giungono dai diversi Comuni interessati dalla vicenda. Al contempo, non sono state ancora rilasciate delle linee guida per la restituzione delle somme sborsate in maniera non dovuta dai contribuenti in questi quattro anni. Dopo aver sonnecchiato e aver addirittura coadiuvato l’errata interpretazione della Tari, come nel caso di Lecce, l’Anci (associazione comuni italiani) dovrebbe adoperarsi per comprendere come quei Comuni incappati nell’errore debbano risolvere la questione. Tornerò ad interrogare il Governo per chiedere chiarezza sulle procedure da intraprendere nonché per comprendere le responsabilità dei diversi istituiti ed enti che sarebbero dovuti intervenire per tempo per evitare questo caos Tari: penso alla stessa Anci o all’Ifel (Istituto per la finanza e l’economia locale), fondazione partecipata dalla stessa associazione dei Comuni italiani.
Nel frattempo, lo studio elaborato da Althesys, società che misura performance e strategie delle aziende di servizi pubblici, ha evidenziato come le dimensioni della bolletta dei rifiuti in Italia dipendano dall’efficienza del sistema industriale che raccoglie e smaltisce i rifiuti. Le priorità nel nostro Paese sono state sempre quelle di far pagare agli utenti un costo del servizio senza alcun parametro qualitativo, puntando raramente agli incentivi, alle buone pratiche e alle penalità per le cattive abitudini. L’obiettivo deve essere la Strategia Rifiuti Zero e una tariffazione che vada a dare valore al quantitativo di rifiuti effettivamente riciclato. Mentre in Italia veniva commesso questo pasticcio Tari, in Inghilterra hanno ridotto dall’82% al 23% in 15 anni la quota di rifiuti destinati alla discarica. Senza un netto cambio di rotta, infatti, i Comuni non virtuosi continueranno a ribaltare sui contribuenti il costo della gestione dei rifiuti qualunque esso sia, con la scusa di una normativa che obbliga loro a recuperare tutti i costi sostenuti. Ma che, in realtà, li indirizza anche alla tariffazione puntuale per minori costi di gestione: sinora con scarsi, se non inesistenti, risultati.

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