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Aumento della tassazione e mancanza di lungimiranza del Governo per il mondo della birra. Il M5S presenta una risoluzione in Commissione Agricoltura
Aumento della tassazione e mancanza di lungimiranza del Governo per il mondo della birra. Il M5S presenta una risoluzione in Commissione Agricoltura

Birra: le proposte del M5S per il settore

Il mondo della birra artigianale rappresenta oggi in Italia una realtà produttiva molto dinamica ad alto livello qualitativo, che negli ultimi anni sta crescendo al ritmo del 20% annuo e conta oltre 800 microbirrifici, un fatturato complessivo di 120 milioni di euro ed un volume di export superiore al 10%. Un settore che potrebbe rappresentare uno dei volani per la ripresa economica italiana ma soprattutto una chance per i giovani data l’età media dei titolari di queste attività, che oscilla tra i 30 ed i 35 anni. Il Governo, però, vista la crescita del mercato ha optato per un progressivo aumento delle accise che ha raggiunto il 30% i cui effetti sugli operatori della filiera (agricoltori, produttori sia di grandi dimensioni sia microbirrifici, esercenti di bar e ristoranti, imprese di distribuzione e servizi) sono stati denunciati dallo studio appena realizzato dall’istituto di ricerca “Format Research” e commissionato da Confagricoltura, Assobirra, Confimprese e Fipe. Secondo lo studio, a causa dell’effetto accise, un’azienda su due non è riuscita ad assorbire gli aumenti ed il 43% non ci riuscirà nel 2015, mentre il 44% dei produttori di birra si dichiara pronto ad assumere se le accise tornassero ai livelli pre-aumenti. Le tasse rallentano anche il fenomeno di crescita dei microbirrifici (dal +20-25% ad appena un +4%) mentre, secondo Assobirra, con accise più basse si potrebbero generare dai 3.000 agli 11.000 nuovi posti di lavoro. E proprio per ridare smalto al comparto, il M5S ha presentato in Commissione Agricoltura alla Camera una risoluzione per prevedere agevolazioni finanziarie o fiscali per favorire la nascita di maltifici artigianali e per introdurre misure a sostegno dell’intera filiera.

Tra le proposte di natura fiscale, i 5 Stelle chiedono di recepire le direttive europee che introducono la possibilità di ridurre l’aliquota ordinaria per i piccoli birrifici sotto i 200.000 ettolitri l’anno, come già fatto da 20 Paesi dell’UE su 28; di introdurre l’accertamento dell’accisa al momento del confezionamento e non sul mosto, evitando così sia di non considerare gli inevitabili cali di produzione e sia di obbligare le imprese ad anticipare la tassazione di molti giorni e, infine, di aggiornare le tabelle delle aliquote IVA che, ancora oggi, generano confusione. Per il rilancio della filiera, inoltre, il M5S propone maggior sostegno ai programmi sperimentali indirizzati alla reintroduzione della coltivazione del luppolo in Italia, l’istituzione di un tavolo di concertazione per classificare le “colture minori” per dotarle di difesa fitosanitaria adeguata, l’abilitazione di almeno un laboratorio al rilascio del certificato per la commercializzazione del luppolo, come previsto dalla normativa europea nonché, infine, chiarimenti sulla situazione delle eventuali “quote di produzione” da rispettare e degli eventuali aiuti comunitari alla produzione del luppolo.

Da parte del Governo mancano attenzione e lungimiranza. Il made in Italy brassicolo può generare un indotto importante anche in agricoltura: stanno aumentando, infatti, le semine di orzo per birra, alcune aziende agricole stanno investendo nell’acquisto di micromaltifici, stanno nascendo i primi produttori di luppolo italiano supportati da studi e ricerche per migliorarne la qualità e la resa. Quello che il settore lamenta è la poca attenzione delle Istituzioni che, piuttosto, preferisce tassare ed aumentare la burocrazia.

I produttori di orzo da birra, infatti, sono costretti a maltare all’estero perché l’unico maltificio consortile presente in Italia, il COBI di Ancona, è troppo piccolo e ha costi doppi rispetto al prezzo di mercato del malto acquistabile all’estero. Al contempo, le due malterie industriali italiane, Saplo e AgroalimentareSud, non possono garantire il “conto lavorazione” a causa del loro grande dimensionamento.

Anche il luppolo, secondo essenziale ingrediente della birra, potrebbe essere coltivato in Italia. Oggi l’industria birraria nazionale importa completamente il proprio fabbisogno (oltre 15 mila quintali l’anno) soprattutto da Germania, Etiopia e Stati Uniti. Eppure esistono importanti realtà sperimentali, come l’Università di Parma insieme alla neonata start up ‘Italian hops company srl’, che stanno raccogliendo e coltivando luppoli autoctoni nelle aree vocate e parlano di risultati promettenti e buone chance di successo. Siamo riusciti a mettere in fila una serie di proposte concrete provenienti dal mondo produttivo richieste di buon senso che darebbero un forte impulso al settore brassicolo. Ci aspettiamo che la Commissione calendarizzi ed affronti rapidamente il tema, dimostrando la lungimiranza che fino ad oggi non ha mai avuto.

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