Il regolamento europeo è datato 2008 e ora, dopo un lustro e due legislature, approda in Aula a Montecitorio il disegno di legge sull’Agricoltura Sociale. Un fenomeno emergente in tutta Europa che vede in Italia già più di mille aziende attive che operano in un sottobosco di norme regionali. Proprio per dissipare le normative territoriali, diviene urgente e necessaria una disciplina organica in materia. L’importanza di una legge sull’Agricoltura Sociale la si riscontra anche nella programmazione europea 2014-2020 dove è una delle priorità nell’Accordo di Partenariato, con l’intento di sfruttare le multifunzionalità delle aziende agricole per sperimentare modelli di welfare in grado di valorizzare il capitale sociale dei territori rurali. Un argomento da noi molto sentito: proprio nella risoluzione sull’Accordo di Paternariato, ne abbiamo esplicitamente richiesto al Governo italiano l’applicazione. Non mancano, però, le criticità nel testo unico approdato ora alla Camera.
Come al solito la politica italiana è in ritardo sia se paragonata alle norme europee sia in riferimento alla realtà nazionale, dove già esistono numerosissime aziende agricole di questo tipo. Purtroppo non mancano i fattori negativi che spingono a non votare favorevolmente questo provvedimento. Innanzitutto, la maggioranza ha voluto ampliare a dismisura la platea di utenti degli interventi di Agricoltura Sociale: dai lavoratori che non hanno un impiego regolarmente retribuito da oltre 6 mesi fino ai condannati e ammessi ai lavori esterni, dai disabili in senso fisico o psichico fino ai membri di minoranze nazionali. Soggetti ‘indeboliti’ accanto a soggetti ‘deboli’. Una scelta che non comprendiamo dato che lo stesso decreto legge 91/2014 prevede specifiche agevolazioni a favore degli imprenditori agricoli che assumono lavoratori che siano privi di impiego da almeno 6 mesi o che siano privi di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado. Cioè proprio quelli che qui inseriamo accanto ai disabili. Qui sembra più che altro che la maggioranza voglia assegnare all’Agricoltura Sociale una funzione più assistenziale piuttosto che sociale in senso proprio.
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