Oggi ho tenuto un question time in Aula che puntava a chiarire l’origine di alcuni ceppi di Xylella importati in Puglia ma dei quali manca la corretta identificazione.
Dai documenti rilasciati dall’osservatorio fitosanitario regionale della Puglia, e sui quali è in corso un’indagine della procura, si fa riferimento a quattro ceppi di Xylella fastidiosa importati nel 2010 per una ricerca sulle viti, ma non vi sono specificazioni sulle sub-specie né è presente il numero identificativo della coltura, per questo è impossibile dimostrare che il batterio importato dallo IAM e autorizzato dall’allora Ministero delle Politiche agricole sia patogeno solo per la vite e diverso da quello presente sugli ulivi del leccese. Il Ministro faccia chiarezza, poiché è a rischio l’olivicoltura italiana.
Si naviga nella totale incertezza poiché di tutta la cronistoria raccontata dal Ministro non abbiamo alcuna prova o documento o verbale. Per questo mi chiedo su quali basi il CNR abbia dichiarato in pubblico e ai giornali che il ceppo utilizzato dallo IAM è diverso da quello trovato nel Salento. Sulla base di quali documenti, visto che gli unici esistenti confermano l’assenza dell’identificazione della sub specie della Xylella importata?
Quello che è accaduto nel 2010 è gravissimo poiché anche se veramente il batterio importato non fosse lo stesso che sta colpendo gli ulivi del Salento, colture di patogeni da quarantena così pericolosi non possono esser stati spediti nell’assoluto anonimato, di certo non per posta ordinaria ma tramite un corriere che avrebbe dovuto conoscere perfettamente la pericolosità del materiale trasportato in modo da adottare le opportune precauzioni. Chi ha portato i quattro ceppi fantasma in Italia? E se fossero appartenenti a quattro sottospecie diverse? Ci sono ancora troppe domande a cui Martina non ha saputo rispondere e non ci basta certo il fatto che finora il batterio che si è sviluppato in provincia di Lecce non attacca la vite, poiché non conosciamo quanti e quali batteri abbiamo importato quattro anni fa.

La Gazzetta del Mezzogiorno – 02.04.2015
A questo punto, ci aspettiamo che la Procura faccia al più presto chiarezza, poiché 9 milioni di olivi sono a rischio e fatichiamo a fidarci di una qualsiasi soluzione prospettata da un Ministero che non è in grado neanche di gestire la regolarità di tutte le operazioni che sottendono ad una importante sperimentazione come quella dello IAM, nonostante tutti i privilegi di cui questo Istituto ancora gode.
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